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Unione bancaria: eppur si muove...

Quali sviluppi verso un'unione bancaria europea?

Di Angelo Baglioni - LaVoce.info

I recenti vertici europei hanno fatto qualche passo avanti verso l’unione bancaria. L’Europa sembra in grado di mettere in comune le regole e i controlli, ma non le risorse. Così il circolo vizioso banca-Stato è destinato a rimanere. Il ruolo dell’Esm e la supervisione della Bce.

IL NODO DELLE RISORSE

Un anno fa titolavamo: Unione bancaria: lontani dalla meta. Tre mesi dopo: Unione bancaria: la Commissione prova lo sprint. Fra un po’ non sapremo più che titolo inventare per questo tormentone, che mette in luce tutti i limiti della governance europea. Al di là del pendolo degli stop and go del processo decisionale, il problema è che l’Europa sembra in grado – seppure a fatica – di mettere in comune le regole i controlli sulle banche, ma non le risorse per gestire le crisi bancarie. Finché questo limite non verrà superato, l’Europa non riuscirà a spezzare il pericoloso legame, a livello nazionale, tra rischio dell’attività bancaria e bilanci pubblici. Il Consiglio europeo di un anno fa prese atto che questo è un obiettivo essenziale per uscire dalle secche della crisi del debito sovrano. Ma come ben sappiamo, quando si tratta di mettere in comune le risorse si incontrano le resistenze dei paesi che temono di perderci di più.

GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE

La proposta di direttiva avanzata ancora un anno fa dalla Commissione ha ottenuto un accordo politico dall’Ecofin, mentre la sua approvazione è prevista per la fine di quest’anno. Il principio fondamentale della direttiva è condivisibile: introdurre un quadro uniforme di gestione delle crisi bancarie, evitando che i costi dei salvataggi ricadano interamente sui contribuenti. I salvataggi bancari generano infatti non solo elevati costi per le casse dello Stato (si veda il caso irlandese per tutti), ma anche il noto problema dell’azzardo morale: chi gestisce le banche può essere indotto ad assumere elevati rischi, puntando sul salvataggio pubblico. Per questi motivi, la direttiva prevede uno specifico ordine di partecipazione alle perdite: prima gli azionisti e i creditori privati, tra cui saranno colpiti prima le obbligazioni subordinate e i depositi delle grandi imprese; poi le obbligazioni senior e i depositi delle piccole imprese e delle persone; solo dopo potrà intervenire il sostegno del settore pubblico nella fase di ristrutturazione di una banca in crisi. In ogni caso, non saranno colpiti i depositi fino a 100mila euro, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva sulla assicurazione dei depositi. Si chiarisce così che il principio del bail-in (la partecipazione dei privati alle perdite) fa pienamente parte delle regole di gestione delle crisi bancarie. Insomma, il metodo-Cipro non è stato eccezionale, anzi diventerà la regola. Tuttavia, si eviteranno in futuro l’improvvisazione e gli eccessi sperimentati nel caso cipriota (con il maldestro tentativo, poi rientrato, di coinvolgere anche i piccoli depositanti).

Vi sono ancora diversi dettagli da chiarire, ma il limite di fondo dell’accordo della settimana scorsa è che rimane nell’ambito della armonizzazione delle regole. La responsabilità della gestione delle crisi e soprattutto le risorse necessarie per gli interventi pubblici continueranno a essere nazionali: a carico dei fondi nazionali di risoluzione bancaria e, in ultima istanza, dei bilanci pubblici dei singoli Stati. Anche il meccanismo del bail-in, per quanto possa avere le sue ragioni, finisce per fare sì che l’impatto economico-finanziario dei fallimenti bancari ricada all’interno dei confini nazionali. Si noti che i prestiti interbancari, attraverso i quali potrebbe esserci una trasmissione internazionale delle perdite, saranno invece esentati dal bail-in. (1) Il salto verso un fondo unico europeo, gestito da un’autorità europea di risoluzione bancaria (Single Resolution Mechanism) rimane affidato a una nuova proposta di direttiva, che dovrebbe essere presentata a breve dalla Commissione, ma non sappiamo quando mai verrà approvata.

ASSICURAZIONE DEI DEPOSITI

Anche nel campo della assicurazione dei depositi siamo ancora in una fase di armonizzazione. La proposta di direttiva della Commissione, che peraltro è sul tavolo del Consiglio europeo da due anni, va nella giusta direzione di imporre a tutti gli Stati membri alcuni miglioramenti agli schemi nazionali, a cominciare dalla creazione di fondi finanziati ex ante dalle banche, cioè prima che si verifichi un dissesto. Tuttavia, il passaggio a una assicurazione europea non è neppure in vista.

INTERVENTO DIRETTO DELL’ESM NEL CAPITALE DELLE BANCHE

Il contributo del Fondo di stabilità europeo (European Stability Mechanism) per ricapitalizzare le banche sottoposte a ristrutturazione dovrebbe essere lo strumento attraverso cui l’Europa interviene direttamente e utilizza risorse comuni per risolvere le crisi bancarie. Ma l’accordo politico trovato nell’ultima riunione dell’Eurogruppo (che dovrà essere formalizzato insieme agli altri tasselli dell’unione bancaria) sembra fatto apposta per evitare che l’Esm spenda davvero parte delle sue risorse a questo scopo. Le condizioni perché ciò avvenga sono a dir poco severe: (i) lo Stato membro non è in grado di provvedere da solo alla ricapitalizzazione della banca oggetto di intervento; (ii) il contributo dell’Esm è indispensabile per salvaguardare la stabilità dell’area euro nel suo complesso o dei suoi stati membri; (iii) la banca ha rilevanza sistemica. Non solo, ma lo Stato membro deve contribuire alla ricapitalizzazione: deve fornire capitale per riportare il coefficiente patrimoniale (common equity) al 4,5 per cento, se la banca parte da un livello inferiore. Se invece questo limite è già raggiunto, lo Stato membro deve comunque fornire il 20 per cento delle risorse pubbliche necessarie alla ricapitalizzazione (10 per cento dopo i primi due anni). L’eventuale applicazione retroattiva di questo accordo – tanto attesa dalla Spagna – sarà decisa caso per caso all’unanimità; ogni governo dell’area euro avrà quindi potere di veto.

SUPERVISIONE ALLA BCE

Il trasferimento della vigilanza bancaria dalle autorità nazionali alla Bce, almeno per quanto riguarda le istituzioni di maggiore dimensione, è l’unico capitolo del progetto di unione bancaria in cui si sta superando la dimensione nazionale (seppure con ritardo rispetto ai tempi previsti all’inizio). Peraltro, nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo, l’unica cosa che si dice al riguardo è che, nella fase di transizione in cui saranno effettuati gli stress test sulle banche, ogni Stato membro dovrà predisporre le necessarie misure per mettere “in sicurezza” le sue banche (national backstops). Come dire: ognuno metta subito in ordine la sua casa, per non trovarsi poi nelle condizioni di dovere ricorrere alla solidarietà europea.

(1) Saranno esentati solo quelli con scadenza fino a una settimana, che però rappresentano la stragrande maggioranza dei prestiti interbancari.

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