Le perdite di JP Morgan: chi paga?
Di Paul Tustain - Fondatore e CEO di BullionVault
MENTRE LEGGEVO dell’ennesimo spettacolare equivoco tra la competenza e la remunerazione dei banchieri, e questa volta niente poco di meno che uno di JP Morgan, mi sono reso conto che c’è una soluzione che potrebbe essere implementata.
Mio padre era di professione quello che oggi si direbbe un “investment banker”. La sua azienda fece un passo falso perché tento di espandere il business durante la crisi degli anni’70, e mio padre ne pagò le conseguenze di persona, e fu costretto a rinunciare a tutto ciò che possedeva. A quel tempo i soci avevano responsabilità solidale e personale, che significa che i top manager di un’azienda erano responsabili personalmente per l’intero debito accumulato dall’azienda. In quei giorni l’organismo regolatore era il giudizio e l’interesse personale, esercitato dai soci stessi.
La responsabilità solidale e personale eliminava velocemente gli incompetenti, i giocatori d’azzardo e gli sfortunati (la categoria a cui mi piace pensare appartenesse mio padre). Grazie a questo meccanismo i manager erano sempre attenti alle strategie dei colleghi, e si concentravano particolarmente a controllare i rischi, piuttosto che ad ottenere profitti nominali che gli avrebbero guadagnato i bonus.
Dopo 150 anni di operatività tutto sommato efficace, nel 1986 questo approccio fu messo da parte. Non era perfetto (niente lo è) ma è stata un’ingenuità ritenere che avrebbe avuto successo sostituire una limitazione spontanea data dalla responsabilità personale con una regolamentazione di 60.000 pagine a cui manager con stipendio e bonus devono sottostare.
Mi sono reso conto questa mattina che la regolamentazione dei servizi finanziari da parte delle autorità predisposte è diventata così onerosa e inefficace nel prevenire le perdite che avrebbe senso reintrodurre la responsabilità solida e personale. Basterebbe costituire un organismo regolatore alternativo per le società di investimento costituite come società a responsabilità illimitata.
Molti professionisti della finanza non prendono bonus miliardari perché lavorano con competenza in aree a basso rischio e basso rendimento. Eppure la regolamentazione è talmente complicata che persino queste aziende devono impiegare più addetti alla compliance che altro e nel frattempo pagare il fondo di compensazione, che è un po’ come dover pagare l’assicurazione auto del vicino di casa ubriacone.
Sarebbe opportuno dare la possibilità di scegliere se essere regolati da un organismo come quelli ora in vigore o se scegliere un sistema più semplice, e garantire con la propria casa, la propria auto, con la possibilità di fare una vacanza o di mandare a scuola i figli e, in limiti ragionevoli, essere lasciati liberi di gestire il rischio come meglio si ritiene.
Rendere i gestori responsabili personalmente per i loro lavori ha molti benefici:
1. Poiché i partner vorranno essere in grado di comprendere tutti i lati di un business, incoraggia organizzazioni più piccole e sistematicamente meno pericolose, che non sono “too big to fail”
2. Incoraggia la formazione di nuove aziende, cosa che si è bloccata per via del costo proibitivo di rendersi a norma.
3. Costringe chi si occupa di generare i profitti ad essere più critico nei confronti dei rischi, piuttosto che scrivere formule che rispondono ai requisiti ma in pratica non funzionano
4. Incoraggia la stabilità e l’accountability dei gestori, e scoraggia gli avanzamenti di carriera costruiti nascondendo i problemi per poi cambiare lavoro
5. Collega la remunerazione direttamente al rischio, e alla performance
6. Fa in modo che i profitti rimangano in un fondo di compensazione, per essere utilizzati in caso di difficoltà future.
L’esperimento con un organismo di regolamentazione è stato un disastro, quindi un ritorno parziale ai vecchi metodi potrebbe non essere una cattiva idea.