Oro oggi

Quanti tagli serviranno all'Italia?

La svalutazione è l'unica via per ripagare il debito italiano?

Di Stuart Thomson - a cura di Banca&Mercati

 

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LO SCORSO MESE è stato per l'Italia un periodo particolarmente complesso, eppure durante le ultime settimane i bond italiani hanno avuto una performance migliore rispetto a quelli francesi, austriaci e belgi. La ragione è che gli investitori temono ulteriori downgrade nei confronti di queste nazioni, sopratutto per quanto riguarda Austria e Francia, che potrebbero perdere il rating Tripla A.
 
Il momento di allentamento è dovuto alla nomina a primo ministro dell’ex commissario europeo Mario Monti, con il mandato di attuare una radicale riforma strutturale. In ogni caso, il semplice cambiamento di presidente del Consiglio non è sufficiente a risolvere la crisi e si prevede che i rendimenti decennali si manterranno in una forchetta compresa tra il 6,25 e il 7,0 per cento.

Una riforma strutturale radicale è cruciale per un’economia dove gli ostacoli alla crescita hanno portato a una produttività trascurabile nell’ultimo decennio. Insieme all’invecchiamento della popolazione, questo implica che il potenziale produttivo dell’economia italiana è oggi pari a zero, essendo rallentato da una media dell’1,0% negli anni Novanta a una media dello 0,6% nel primo decennio del nuovo secolo.

Tuttavia ci vorranno anni perché una simile riforma abbia un effetto concreto. Nel frattempo l’austerità fiscale porterà nei prossimi anni a una forte contrazione della crescita del Pil reale. In realtà l’economia è già in recessione. La combinazione tra declino dell’attività produttiva, crescita della disoccupazione ed elevati tassi di interesse lascerà l’Italia in una spirale del debito che il surplus del bilancio primario non sarà in grado di compensare.

L’austerity non basta

E’ quindi estremamente difficile immaginare una situazione in cui l’Italia possa sfuggire a questa trappola del debito attraverso un’austerità teutonica. Crediamo che questo porterà alla svalutazione.

L’Italia può ricorrere alla svalutazione rimanendo nell’euro oppure uscendone. La prima opzione implicherebbe la cancellazione del debito pubblico. Noi crediamo che un haircut del 50% sia necessario per riportare il rapporto debito/Pil al livello sostenibile del 60%, anche se il costo di un haircut del 50% sul debito italiano (che ammonta a 1.900 miliardi di euro) sarebbe proibitivo in un’unica soluzione e dovrebbe essere spalmato su una serie di svalutazioni minori in quella che potremmo definire una serie di esplosioni controllate.

L’alternativa potrebbe essere quella di abbandonare la moneta unica, ma questo equivarrebbe al lancio di una bomba atomica, che finirebbe per causare il caos finanziario con fallimenti diffusi a livello finanziario, privato e aziendale: un rischio che rimane probabile anche per i prossimi anni.

La Bce non può fare miracoli

Rimane un evento remoto anche la soluzione miracolosa per cui stanno pregando gli investitori, ossia che la Bce annunci un quantitative easing illimitato. Dal canto nostro crediamo che la Bce non abbia né il mandato né l’immaginazione per procedere con un quantitative easing illimitato. Il debito pubblico, privato e corporate in Europa supera il 300% del Pil e la leva bancaria è pari al 400% del Pil.

La Bce ha giocato il ruolo del prestatore di liquidità negli ultimi tre anni fornendo finanziamenti illimitati alle banche tramite pronti contro termine. Nel 2009, e in misura minore nel 2010 dopo il salvataggio greco, le banche hanno riciclato questi fondi in bond dei governi periferici beneficiando di un massiccio carry trade. Operazione che ha funzionato fino a che le banche consideravano questi governi privi di rischio. Questo oggi non è più vero, e così lo spostamento verso i benchmark tripla AAA in Europa ha subito una forte accelerazione.

Nella pratica la Bce non può agire come prestatore di ultima istanza perché non c’è alcun governo a cui prestare il denaro. La Germania sta cercando di correggere questa anomalia, nella speranza di creare regole per una governance economica più ampia. Tuttavia va sottolineato che tali cambiamenti dovranno essere approvati attraverso referendum in Germania, Olanda, Finlandia, Slovacchia, Irlanda e Austria, e che per approvare le modifiche al Trattato di Lisbona ci sono voluti nove anni.
Parallelamente la Bce continuerà a espandere il suo bilancio attraverso la creazione di nuova liquidità, e a espandere il suo programma di covered bond e acquisti controllati di titoli sui mercati secondari. Dovrà inoltre continuare a espandere il suo bilancio per compensare la contrazione dei bilanci pubblici, privati, aziendali e degli istituti finanziari.

La questione cruciale è se riuscirà nell’intento di contrastare tale contrazione oppure no. Non crediamo che sia possibile, dato che probabilmente la Bce seguirà la strada già battuta dalla Banca del Giappone, con un QE insufficiente a generare nuova crescita. Questo causerà una recessione nell’Europa Occidentale che, a sua volta, causerà la recessione nell’Europa dell’Est, portando al declassamento del debito austriaco. Uno scenario che potrebbe portare a una condivisione più equa degli oneri tra creditori e debitori.

Questa condivisione degli oneri attraverso il meccanismo di riduzione del debito si attuerà in Europa prima che nel resto del mondo a causa della forzatura della moneta unica. Ma ci sono squilibri analoghi e insormontabili anche nel resto del mondo, guidati dall’eccesso di risparmi a livello globale. Questi squilibri ridurranno il benchmark dei rendimenti decennali dei “paesi rifugio” al di sotto dell’1% nei prossimi anni.

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