Un Piano Marshall tedesco?
La lunga marcia verso l’unione bancaria europea
a cura di Phastidio
LA GERMANIA starebbe studiando un programma di finanziamenti agevolati a favore di piccole e medie imprese spagnole, nel tentativo di contribuire ad aggirare il credit crunch del sistema creditizio del paese mediterraneo. Operazione di importo molto contenuto ma comunque interessante, per le sue implicazioni, da quelle simboliche a quelle operative potenziali.
Il programma, secondo un documento del governo tedesco giunto in possesso della Associated Press, consisterebbe in un prestito decennale a basso tasso d’interesse erogato da KfW, l’equivalente tedesco della nostra Cassa Depositi e Prestiti, a favore dell’Instituto de Credito Oficial spagnolo, per circa un miliardo di euro. La somma sarebbe poi messa a disposizione delle banche commerciali locali, che la integrerebbero con altri fondi per giungere a mobilitare un multiplo dell’importo originario.
L’iniziativa tedesca, ribattezzata (non senza enfasi) “aiuto bilaterale ad impatto rapido”, potrebbe essere estesa ad altri paesi, come il Portogallo o la stessa Grecia, secondo il vice ministro delle Finanze tedesco, Steffen Kampeter. Le erogazioni sarebbero mirate alle piccole e medie imprese che hanno “un solido modello di business e buone prospettive di crescita, e saranno in tal modo in grado di garantire la propria sopravvivenza ed iniziare nuovamente ad espandere l’occupazione”, secondo il documento tedesco.
L’iniziativa tedesca, che deve essere inserita nel progetto di bilancio 2014, sarà illustrata al Bundestag domani dal ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, ma dovrebbe godere di diffuso consenso tra le forze parlamentari. La Germania sta attualmente assistendo il Portogallo nella creazione di una banca di stato sul modello della KfW per spingere il credito al settore privato, e potrebbe mettere a disposizione di Lisbona una linea di credito bilaterale simile a quella che dovrebbe essere erogata alla Spagna.
Alcune considerazioni: gli importi in gioco sono poco più che simbolici, ma resta da capire di che simbolismo stiamo parlando. Potrebbe infatti trattarsi tanto del desiderio tedesco di mostrarsi “compassionevoli” e fare opera di relazioni pubbliche istituendo delle modeste erogazioni, simili alla cooperazione a favore dei paesi in via di sviluppo ma di cui beneficerebbero paesi dell’Eurozona; oppure (lettura non priva di una qualche suggestiva forzatura) potrebbe trattarsi dell’avanguardia di una sorta di “piano Marshall” tedesco per aiutare il rilancio del credito nei paesi del Sud Europa devastati dal “risanamento” e dal credit crunch, ed al contempo per procedere ad una “campagna acquisti” delle realtà imprenditoriali sane della regione, in una guerra di conquista che sarebbe in realtà il secondo tempo della presa di coscienza tedesca che un continente distrutto non è esattamente nell’interesse nazionale di Berlino (chi l’avrebbe mai detto, vero?), perché la Germania non può trasferirsi sul Pacifico. Oppure ancora potrebbe essere il nucleo di una “Cassa Depositi e Prestiti” (o meglio, di una KfW) europea, verosimilmente da affiancare ed integrare alla Banca europea degli investimenti (BEI).
Obiettivo prioritario deve essere la fine del credit crunch che mina dalle fondamenta l’Eurozona, e che tende ad essere perpetuato dal ripiegamento per linee nazionali del credito, che caratterizza questa crisi. Per superare questa nazionalizzazione dei mercati del credito serve però anche e soprattutto che venga avviata celermente una vera Unione bancaria europea, in grado di gestire le condizioni di eventuale dissesto di una banca, ma soprattutto di creare un vero mercato comunitario del credito, con una vera ed unica assicurazione europea sui depositi. Solo così le imprese promettenti e sane potranno sfuggire al destino dello stato nazionale in cui sono ubicate, che oggi condiziona pesantemente i sistemi creditizi locali.
Ma arrivare ad una vera unione bancaria europea richiederà tempo ed estenuanti negoziati, fors’anche la scrittura di nuovi trattati. Bisognerà poi decidere chi pagherà per la crisi di una banca, e l’orientamento di fondo pare essere, in questo interminabile interim, che a farlo saranno gli investitori-risparmiatori-azionisti. La cosa ha senso e razionalità economica a patto che sia possibile, con un’azione sovrannazionale, impedire che una crisi bancaria divenga crisi sistemica, nazionale e di area. Questa è l’essenza del federalismo creditizio a cui occorre tendere. Sarà un percorso lungo, accidentato, ad alto rischio di aborti più o meno spontanei o di parto di creature malformate e per ciò stesso disfunzionali.
Nel frattempo, seguiamo questa iniziativa tedesca per capire quale potrà esserne il peso specifico, e se la Germania deciderà, anche tramite essa, di assumere quel ruolo di egemone sinora accuratamente evitato.