Miniere che chiudono…
Il crollo del prezzo dell'oro mette a rischio la produzione?
di Giuseppe Trucco - TruccoFinanza.it
IL PREZZO DEI METALLI PREZIOSI sta calando sensibilmente e per le prime miniere già è tempo di chiudere i battenti. Ho spiegato in un precedente articolo che il costo medio di produzione inclusivo di tutte le voci è pari, grosso modo, al prezzo corrente del metallo giallo. Ma siccome i costi di creazione della miniera sono impossibili da recuperare, una miniera tendenzialmente verrà chiusa solamente in presenza di un prezzo dei metalli preziosi che sia addirittura inferiore ai costi vivi di produzione, i cosiddetti “cash cost“ nel gergo del settore.
Si potrebbe obiettare: se anche una miniera producendo riesce a superare i costi di produzione di poco, che senso ha tenerla in produzione per guadagnare pochi spiccioli e nel frattempo esaurire le riserve che, in futuro, potrebbero divenire molto più profittevoli da estrarre? Beh, non è così semplice. Anzi,potrebbe essere più conveniente, se si ritenesse che il prezzo dei metalli preziosi debba presto risalire, continuare addirittura a produrre in perdita. Perché? Perché chiudere una miniera non è semplice, si tratta di licenziare un sacco di minatori, se anche questo fosse possibile, potrebbe essere una mossa controproducente, perché in caso di riapertura potrebbe esserci poi difficoltà a reperire nuovamente personale qualificato (in molte giurisdizioni i minatori sono una risorsa scarsa). E poi una miniera chiusa comporta costi di manutenzione, se si vuole poterla rimettere in produzione in futuro senza troppi costi. Persino nel caso di una miniera che si vuole abbandonare (ad esempio nel caso di esaurimento delle riserve presenti), è necessario far fronte a pesanti costi per ripristinare le condizioni del territorio a norma di legge. Ma non voglio farla troppo lunga. La morale è che anche se a questi prezzi non è, mediamente, conveniente produrre metalli preziosi, probabilmente si continuerà a produrre nella maggior parte delle miniere esistenti, mentre ad essere messi in stand-by saranno tutti i progetti su cui è ancora necessario investire il “capex” (i costi per costruire da zero una miniera prima di incassare i primi dollari di ricavi).
Ma ovviamente non tutte le miniere hanno eguali costi di produzione, e così quelle che sono più vicine al costo marginale di produzione, si trovano oggi a dover decidere sul da farsi: produrre in perdita oppure sostenere i costi di chiusura (e poi magari di riapertura)? La risposta a questa domanda dipende da 2 fattori: primo, l’aspettativa che il management ha sul futuro andamento dei prezzi (se pensa che presto risaliranno conviene continuare a produrre), secondo la capacità finanziaria di far fronte alle perdite cui si andrà incontro in caso di produzione in perdita.
Abbiamo i primi segnali di resa del settore, le prime miniere che stanno chiudendo, se il prezzo dei metalli preziosi non recupera presto, la mia previsione è che molte altre miniere seguiranno l’esempio di queste prime che hanno chiuso. Vediamo chi ha “aperto le danze”.
A marzo è Kinross Gold ad annunciare che nel secondo semestre del 2013 sospenderà “temporaneamente” le operazioni alla miniera di oro ed argento di La Coipa nel nord del Cile. La compagnia dice che continuerà a considerare la possibilità di fare nuove esplorazioni e sfruttare il potenziale residuo e le riserve rimaste facendo nuove espansioni al progetto. Intanto però lascia a casa 1000 minatori e da marzo il prezzo dell’oro credo abbia fatto cambiare atteggiamento in merito ad investimenti espansivi… Anche se trattasi di una miniera molto più piccina, anche Wesdome Gold non è da meno, e sospende la produzione nella miniera aurifera canadese Kiena.
Ad aprile è US Silver and Gold ad annunciare la chiusura della storica miniera Drumlummon nel Montana. A suo tempo US Silver era stata da me scaricata proprio per aver deciso di convolare a nozze con RX Gold & Silver che si portava in dote quella che già allora si poteva definire una “sfigatissima miniera”. Poco più tardi Tanami Gold comunica di voler mettere in stand-by la miniera australiana Coyote, lasciando a casa 150 lavoratori.
A giugno, come riportato dall’ottimo sito argentofisico, è Golden Minerals a chiudere la produzione di argento ed oro alla miniera Velardena in Messico, lasciando a casa quasi 500 minatori.
Non sono solo le miniere d’oro e d’argento a suscitare questi desideri nichilisti e fantasie di morte ai manager delle compagnie, ma anche quelle di platino del Sud Africa, benché in questo caso non sia solo una questione di prezzo (e prima o poi ne parleròpiù diffusamente): Anglo American sta considerando la possibilità di chiudere una o più miniere di platino della partecipata Anglo Platinum (Amplats per gli amici), lasciando disoccupati 14.000 minatori, ma credo abbia finora temporeggiato per via delle minacce di revoca delle sue licenze (cioè nazionalizzazione) delle altre sue miniere in Sud Africa.
Meno timida è stata Eastern Platinum (Eastplats per gli amici) che ha deciso questo mese di mettere “on care and maintenance“ (cura e manutenzione) la sua Crocodile River Mine, cessando le operazioni già dal prossimo luglio, onde frenare l’emorragia dic denaro che le perdite stavano provocando alla compagnia, il cui titolo è ormai allo stremo. La stessa sorte era toccata esattamente un anno fa anche alla Everest Mine di Aquarius Platinum sempre in Sud Africa e da allora la manutenzione non è mai terminata…
Quali potrebbero essere le conseguenze di queste chiusure? Semplice: la riduzione dell’offerta di oro, argento e platinoidi. Può questo essere sufficiente per determinare un aumento del prezzo? No, occorre che la domanda non cali a sua volta. E’ possibile quest’ultima ipotesi? Secondo me è quasi impossibile se parliamo di argento e platinoidi, improbabile ma non impossibile se parliamo di oro (infatti la produzione annuale di oro è pari ad appena il 2% dello stock di lingotti gialli già esistenti). Nel caso dell’argento e dei platinoidi in sostanza, mi sento di poter dire che il mercato sta probabilmente sottovalutando i fondamentali di questi metalli, credo che ai prezzi attuali essi si comprino bene (ma attenzione ai titoli delle compagnie che li producono in Sud Africa, il rischio Paese lì è altissimo). Nel caso dell’oro sospendo il mio giudizio di parte, ammetto, socraticamente, che so di non sapere. Una cosa la so però, mentre molti vendono ci sono tanti cittadini cinesi in fila davanti ai negozi che lo vogliono comprare, ma di questo vi parlerò in un prossimo articolo.