Oro oggi

L'involuzione del settore orafo in Italia

Di Alessandra Pilloni - BullionVault

Le accuse di protezionismo rivolte dal gruppo British Airways in seguito al possibile intervento di Poste Italiane nel salvataggio di Alitalia racconta una storia fin troppo nota in Italia, la carenza di un sano reality check, o market check, di aziende che faticano a rimanere competitive nel mercato odierno.
 
Competitività, questa sconosciuta. Parola tabù, come nota il WSJ quando racconta che Enrico Letta, durante un meeting sul Lago di Como dove si trova riunita “l’elitè politica e imprenditoriale” lascia tutti nello sconcerto per non aver osato pronunciare nemmeno una volta la parola magica. Competitività, appunto.
 
La crisi del settore orafo in Italia è emblematica in questo senso. Dopo il picco di fine anni ’90 il settore è entrato in una profonda crisi che sembra aver toccato il fondo durante il 2012, visti i dati che per quest’anno sembrano in leggero miglioramento.
 
Ricordiamo che il settore orafo in Italia detiene il sesto saldo commerciale attivo con l’estero, e che ben il 70% della produzione è destinato ai mercati internazionali ( dati Confindustria Federorafi). Si tratta di un settore di importanza fondamentale, insomma.
 
Settore che è stato oggetto di analisi confluite poi in un report che è stato presentato a inizio mese a Roma in occasione della 14° Conferenza della London Bullion Market Association. Prodotto da una collaborazione della Metals Focus e la Metallis Consulting, agenzie indipendenti di consulenza con sede a Londra, il report mette in luce come la produzione sia calata dell’80% dal 1998 al 2012.
 
Alla fine degli anni ’90 l’Italia era tra i maggiori produttori di oreficeria nel mondo, e il maggiore in Europa, e soddisfava il 10% della domanda globale, lavorando volumi che superavano le 500 tonnellate all’anno.
 
In particolare il 1998 fu l’anno più forte per le esportazioni di oro dall’Italia. La produzione raggiunse le 540 tonnellate, di cui 420 erano destinate all’esportazione, sopratutto in Europa e Nord America. Nello stesso anno la domanda interna fu attorno alle 112,1 tonnellate, un livello considerato stabile dopo il picco avvenuto nel 1992 ( dati WGC – Gold Report Trends Q4 – 1998).
 
 
 
 
I dati per il 2012, come mostrato dal report d Metallis/MetalsFocus, sono di 62 tonnellate prodotte destinate all’esportazione, meno del 15% dei volumi riportati per il 1998, e un mercato interno che è stimabile in un quarto rispetto a quello di fine millennio.
 
C’è da dire che il declino della domanda in Italia è coerente con quanto accaduto negli altri paesi Occidentali, ovvero resto d’Europa e Stati Uniti. Tali aree, come menzionato precedentemente, erano le due destinazioni privilegiate per le esportazioni dei prodotti orafi dall’Italia alla fine degli anni ‘90, e costituivano in combinazione i due terzi delle esportazioni totali.
 
Come spiegano Metallis/MetalsFocus, il declino della domanda è stato causato da diversi cambiamenti strutturali del mercato, tra cui l’aumento del prezzo dell’oro, la concorrenza di beni di consumo legati per esempio alla tecnologia, e la crisi economica che ha causato una biforcazione del mercato secondo cui i consumi si concentrano da una parte su beni poco costosi (e il settore ha qui sofferto della concorrenza data da materiali nuovi come acciaio, pelle, ceramica) e dall’altra sul segmento di più alta qualità e costo.
 
In totale, la riduzione della domanda da parte dell’Occidente di oro destinato alla gioiellieria è  stimabile in 600 tonnellate annue, dal momento del picco fino al 2012.
 
L’aspetto però altrettanto importante è che l’Italia non ha dovuto solo far fronte ad un’oggettiva difficoltà data da un importante declino della domanda, ma si è anche dimostrata inadeguata in termini di competitività, perdendo buona parte della propria fetta in mercati chiave.  
 
Nel 2000 l’Italia soddisfava il 40% del consumo occidentale. Nel 2012 ne ha soddisfatto il 10%. Come indica il grafico, nel 2000, le importazioni dell’Italia costituivano un terzo del mercato statunitense, ora ne soddisfano un decimo, sostituite per lo più da prodotti provenienti da Cina, Hong Kong e India. 
 
 
 
Portiamo sul tavolo un’attenuante: l’Italia è stata penalizzata negli scambi con gli Stati Uniti dal fatto che le importazioni dal Bel Paese sostengono una tassa del 6% che non esiste per i concorrenti chiave. Stefano De Pascale, direttore di Federorafi, in occasione della Fiera di Vicenza svoltasi a settembre ha auspicato un accordo bilaterale con gli Stati Uniti che, a suo dire “potrebbe spingere le esportazioni immediatamente del 20%”.  (Fonte: Reuters).
 
Tirando le somme, e tenuto conto che nel mercato domestico la produzione orafa interna ha mantenuto invece la propria fetta di mercato, si stima che un’Italia in grado di rimanere competitiva avrebbe goduto di volumi di esportazioni maggiori di 100/120 tonnellate all’anno. Ovvero fino al 198% in più, se si considerano le 62 tonnellate esportate nel 2012, secondo i conti della calcolatrice di BullionVault.
 
È interessante notare che anche per il settore orafo l’inizio della fine avviene col giro di boa del nuovo millennio, che ha segnato anche il cambio di valuta dalla Lira agli Euro. Si potrebbe ipotizzare che deprivato del sistematico aiutino dato da una valuta debole, il settore delle esportazioni sia piombato in un abisso dal quale sembra sempre più difficile venire fuori. 
 
Il mondo è un posto difficile, sono d’accordo. Rimanere ciechi ai cambiamenti, cavarsi gli occhi pur di non vederli, potrebbe non costituire una soluzione. La capacità di adeguarsi man mano che le condizioni si trasformano determina la sopravvivenza, almeno in un sano clima di competitività, al quale l’Italia ancora una volta sembra dimostrarsi geneticamente refrattaria, come dimostra la vicenda Alitalia. 
 
Sia chiaro che non è mia intenzione processare il settore orafo in Italia, che ha fatto e continua a fare molto per l’economia italiana. Il fatto che un settore di eccellenza come questo non sia stato in grado di stare al passo con l’evoluzione dei mercati, con le nuove regole degli scambi, è la misura di quanto ci sia rimasto da sperare nella ripresa economica dell’Italia. 

 

Scrittrice, ex formatrice e linguista, Alessandra Pilloni è European operations executive per l’Italia di BullionVault, il mercato online per la compravendita di oro e argento dedicato agli investitori privati. I commenti di Alessandra sul mercato dell’oro e sugli investimenti in oro vengono periodicamente proposti sia dalla blogosfera specializzata che sulla stampa, tra cui Il Sole 24 Ore, La Stampa, e Panorama.

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