Perché Soros lascia gli ETF
George Soros ha cambiato idea sull'oro?
Di Julian Phillips - The GoldForecaster
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HA FATTO NOTIZIA che George Soros, il magnate americano fondatore del Soros Fund Management, abbia chiuso, durante il primo trimestre 2011, buona parte delle sue posizioni in oro in seno ai due fondi SPDR Gold Trust e iShares Gold Trust, per poi comprare azioni di aziende di estrazione mineraria, ovvero la Goldcorp Inc. e la Freeport-McMoRan Copper & Gold Inc.
In data 31 marzo il fondo di Soros aveva 49.900 quote del SPDR Gold Trust, contro i 4,721 milioni della fine del quarto trimestre 2010. Per quanto riguarda l’ iShares Gold Trust, Soros ha venduto tutti i 5 milioni di quote che possedeva. In totale, si tratta di circa 30 tonnellate d’oro, custodite dai due fondi attraverso Barclays e HSBC.
Significa quindi che Soros ha assunto posizioni bearish verso l’oro? Visto che ha sempre dichiarato di aver comprato oro per timore della deflazione, le decisioni degli ultimi mesi significano che ritiene il pericolo ormai scampato?
Nessuna di queste ipotesi è probabilmente ragionevole, visto che il Soros Fund Management continua ad avere un’esposizione importante verso l’oro, con le 301.000 quote di Freeport-McMoran e le 7.600 di GoldCorp.
L’investimento beneficierà quindi di un apprezzamento a lungo termine dell’oro grazie ad un aumento del giro d’affari generato dalle vendite d’oro, si tratta quindi di un doppio vantaggio derivato sia dall’accresciuto valore delle quote stesse, che dai dividendi. Le azioni minerarie proteggono anche da un eventuale rischio di confisca: l’unica cosa che il governo americano potrebbe fare è di obbligare le aziende a vendere direttamente a loro.
John Paulson, d’altro canto, tiene stretta la propria quota al SPDR Gold Trust, ed ha acquisito parti di alcune aziende di estrazione mineraria, tra cui la Sudafricana AgloGold Ashanti. Diversamente da Soros, Paulson crede nell’oro per timore dell’inflazione che ritiene potrebbe affacciarsi insieme alla ripresa economica.
La PIMCO invece, che ha come primo comandamento di shortare i Treasuries, rispetta l’oro come strumento di conservazione di ricchezza, dimostrando allo stesso tempo poca fiducia nelle istituzioni americane.
Per quanto riguarda l’argento, ci si chiede se dopo il ribasso delle ultime settimane debba ancora essere considerato, così come l’oro, un investimento sicuro. Di certo il prezzo dell’argento continuerà a muoversi insieme all’oro e di certo in maniera molto più volatile.
Pur essendo ignorato dalle banche centrali, sono in tanti gli investitori che ritengono che l’argento dia un senso di stabilità finanziaria, così come l’oro. È anche vero però che il mercato dell’argento è molto più ristretto e manca della liquidità sufficiente per attirare gli investitori più importanti. Basti pensare che è bastato vendere mille tonnellate d’argento in due settimane per portare il prezzo dai $50 ai $35 all’oncia.
Fino a quando la liquidità del mercato dell’argento non aumenterà (avverrà quando i prezzi e la domanda saranno più alti) l’argento rimarrà più volatile e meno affidabile dell’oro. È probabile che il ruolo dell’argento come strumento per preservare ricchezza accrescerà in futuro, grazie alla richiesta degli investitori e in particolar modo di quelli asiatici.
Il mercato dell’oro non ha necessità di conferme in questo senso: in situazioni estreme l’oro equivale a denaro, ed è uno strumento molto più utile delle valute per preservare la propria ricchezza.
In futuro è probabile che le stesse banche centrali e i governi accetteranno i metalli preziosi come parte del sistema monetario, e non solo come asset di riserva. L’oro verrà utilizzato come collaterale nelle transazioni internazionali, come già sta accadendo attraverso la Bank of International Settlements.
L’oro andrà quindi fuori dalla portata degli investitori medi, e qui entrerà in gioco il ruolo crescente dell’argento, come metallo prezioso destinato ai piccoli e medi investitori.
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