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Il QE e i recenti dati macro positivi

Mercati forti, dati macro positivi. È lecito attendersi una fine precoce del QE?

A cura di Phastidio.net

NELLE ULTIME DUE SETTIMANE i mercati finanziari sembrano essersi posizionati per un rimbalzo della crescita globale: rendimenti dei Treasury statunitensi e del Bund in rialzo, ripresa delle azioni cicliche e rimbalzo delle materie prime dai minimi di periodo.

Il movimento appare basato sui dati positivi dell’ultimo periodo, come le due ultime rilevazioni settimanali dei sussidi di disoccupazione statunitense, il confortante rapporto sull’occupazione di aprile e, in Eurozona, il dato tedesco di marzo di ordini di fabbrica e produzione industriale. Ma si tratta comunque di singoli dati, quindi per ora non tali da determinare revisioni al rialzo delle prospettive di crescita globale. E’ più probabile che la ripresa dei mercati di attivi sensibili alla crescita sia frutto di ricoperture di posizioni difensive costruite in previsione di una fase di nuova debolezza congiunturale, come già accaduta negli ultimi tre anni in questo periodo. Pertanto, la visione di mercato caratterizzata da un approccio non di crescita ma di valore, cioè di privilegio dello storicamente elevato premio al rischio, resta il tema di mercato dominante, al momento. Resta da valutare quale potrebbe essere la reazione dei mercati ad una exit strategy relativamente precoce da parte della Fed, cioè alla rimozione dello stimolo monetario non convenzionale oggi in atto, ed all’annuncio dell’avvio di un ciclo di “normalizzazione” dei tassi, sulla cui tempistica si continua a discutere.

Una valutazione delle reazioni all’inizio anticipato della stretta monetaria colpirebbe, intuitivamente, gli investitori che sono più a leva, e/o gli attivi che hanno maggiormente beneficiato della ricerca di rendimento.

Sul mercato dei titoli di stato, negli Stati Uniti la percezione di un mercato del lavoro più forte, con le conseguenti implicazioni di condotta della Fed hanno innescato un forte rialzo dei rendimenti. Anche ipotizzando la fuoriuscita ravvicinata (ad esempio per fine 2013) dall’easing quantitativo, i tassi a breve termine resterebbero con tutta probabilità ancora bloccati sugli attuali livelli, frenando quindi il rialzo dei rendimenti sulla parte a lunga scadenza della curva.

Sui mercati azionari, ancora nuovi massimi di ciclo. I positivi dati macro di questa settimana, dopo un report di occupazione confortante, la settimana scorsa, hanno riportato in auge i titoli ciclici, che tuttavia, per proseguire nel movimento di apprezzamento, dovranno d’ora in poi evidenziare una tendenza al miglioramento macroeconomico sostenuta ed ampia, soprattutto nel settore manifatturiero.

Il rally è proseguito anche sui mercati obbligazionari a spread. In particolare il comparto High Yield ha battuto nuovi record, col rendimento degli indici statunitensi sotto il 5 per cento e quello europeo sotto il 6 per cento. Questo movimento, agevolato dall’atteggiamento ancora accomodante delle banche centrali, ha inoltre attratto nuovi fondi degli investitori e mantenuto una robusta attività di nuove emissioni.

Sul mercato dei cambi, i movimenti valutari stanno trasmettendosi ai rendimenti obbligazionari. Le correlazioni, che avevano toccato minimi pluriennali in presenza di numerosi eventi specifici a singoli paesi e regioni, sono recentemente risalite come reazione ai timori di quello che sarebbe effettivamente un temuto evento sistemico, la fine della politica monetaria non convenzionale ed eccezionalmente accomodante da parte della Fed a seguito del miglioramento del mercato del lavoro.

Materie prime in lieve rialzo settimanale, con piccoli guadagni per energia e metalli base a compensare ribassi per agricoltura e metalli preziosi. Le materie prime hanno sinora recuperato quasi due terzi della correzione iniziata a fine marzo, ed il recupero è stato guidato soprattutto da energia e, più di recente, da metalli base. Il recente rally ha spinto anche petrolio e rame in backwardation (prezzi a pronti più alti di alcune scadenze futures), il che di solito indica pressione della domanda più che problemi idiosincratici dal lato dell’offerta. Ma l’assenza sinora di direzione nella aspettative di crescita globale induce a non considerare ancora tali movimenti come anticipatori di una effettiva tendenza rialzista.

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