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La sindrome giapponese

a cura di BankNoise

IL GIAPPONE ha recentemente stupito i mercati, con il nuovo governo che ha lanciato una clamorosa “scommessa” economica, con cui il nuovo primo ministro Shinzo Abe rovescia l’approccio economico dominante nel resto del mondo, nel tentativo di fare uscire il Giappone da una situazione difficile che dura da decenni. Ne parliamo con Armando Carcaterra (Direttore Investimenti ANIMA), in collaborazione con Mario Noera, Docente di economia degli intermediari finanziari, Università Bocconi.

1. Cosa sta accadendo nelle ultime settimane in Giappone?

Nelle scorse settimane il neo-eletto primo ministro Shinzo Abe ha rovesciato in modo clamoroso l’impostazione di politica economica dominante nel resto del mondo. Nonostante l‘enorme debito pubblico (236% del Pil nel 2012), ha annunciato che aumenterà la spesa pubblica, varando un imponente programma di opere pubbliche e di investimenti in tecnologie avanzate e ricerca (pari a ben 170 miliardi di euro). Il governo ha anche annunciato che la Banca centrale dovrà “creare inflazione”, attraverso il finanziamento del debito pubblico con moneta.

L’obiettivo è tirare fuori l’economia giapponese dal “buco nero” della deflazione in cui è sprofondata negli ultimi 15 anni. La scossa giapponese è destinata a lasciare il segno. Se l’esperimento fallirà, potrà aprirsi una nuova falla nei fragili equilibri dell’economia mondiale. Se, invece, avrà successo nel rianimare l’asfittica economia giapponese, il Giappone ridefinirà ancora una volta l’intero paradigma delle politiche economiche occidentali.

2. Cos’è cambiato in Giappone dagli anni ’80?

Nei lontani anni ’80, l’economia giapponese appariva imbattibile. Poi però –tra il 1989 ed il 1990- il miracolo giapponese si è spezzato d’un colpo e si è aperto quasi un ventennio ininterrotto di depressione e di deflazione.

Studiando l’improvviso collasso giapponese, gli economisti hanno scoperto il potenziale devastante delle “bolle”, cioè di valori contabili (di terreni, fabbricati e attività finanziarie) che si gonfiano sempre di più e che, autoalimentandosi sull’abbrivio dell’euforia, generano l’illusione di un successo senza limiti. Ad un certo punto però le “bolle finanziarie” scoppiano senza preavviso, collassando semplicemente perché si sono dilatate troppo.

3. Cosa succede all’economia quando scoppiano le bolle finanziarie?

Quando le bolle scoppiano rimangono sul terreno molti “morti” , cioè le società che falliscono, e molti “feriti” cioè le società che sopravvivono, ma si ritrovano a gestire enormi perdite nei propri bilanci perché posseggono beni il cui valore è crollato ed è improvvisamente divenuto insufficiente a coprire i debiti accumulati. Sotto il peso dei debiti, le famiglie smettono di consumare, le imprese smettono di investire e le banche smettono di fare credito. L’economia si ammala di depressione e diventa poco reattiva ai normali rimedi.

Da quasi un ventennio il Giappone, da invidiato paradigma di successo, si è trasformato nell’emblema di una malattia economica cronica, refrattaria alle cure. Economisti e governi non hanno saputo ancora trovare rimedi adeguati.

4. Qual è la scommessa del governo di Shinzo Abe?

I governi giapponesi hanno infatti finora perseguito politiche fiscali timide e la politica monetaria non è mai diventata sufficientemente generosa. Il risultato è che il Pil nominale giapponese di oggi è ancora al medesimo livello del 1992 e che, come conseguenza della mancata crescita, le entrate tributarie si sono ridotte, contribuendo ad alimentare la crescita del debito pubblico.

Il nuovo governo di Shinzo Abe tenta quindi oggi un radicale cambio di strategia, cioè rianimare un’economia catatonica con una violenta “terapia d’urto” e trovare la via dell’assorbimento dell’eccesso di debito attraverso una crescita sostenuta e duratura del reddito.

Non è una via inedita (è infatti analoga alla ricetta di Roosvelt per reagire alla crisi degli anni ’30), ma negli anni recenti ha trovato ben poche adesioni. In Europa, ad esempio, i governi e gli economisti “ortodossi” sono inorriditi da una ricetta keynesiana così aggressiva in un paese già ad altissimo debito pubblico e, per questo, paventano futuri disastri finanziari.

Può essere tuttavia incoraggiante che i mercati finanziari abbiano per ora smentito i pronostici, salutando la novità con inatteso ottimismo. L’audace esperimento giapponese merita infatti di essere osservato con grande attenzione perché potrebbe suggerire anche all’Europa la via d’uscita alla propria incipiente “sindrome giapponese”.

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