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Franco svizzero: davvero un "porto sicuro"?

In cerca di una moneta solida? Forse il Franco svizzero non è la soluzione...

di Adrian Ash - BullionVault

LA DEBOLEZZA DELL'EURO durante le scorse settimane ha spinto molti investitori a cercare un rifugio in valute considerate "porto sicuro" come il franco svizzero, che ha infatti toccato il record di €1,23.

Si dovrebbe ritenere che i politici europei abbiano ringraziato gli avvoltoi dei mercati finanziari per aver tirato in basso l'euro, vendendolo per dollari, sterline, yen e ovviamente franchi svizzeri. È da diversi anni infatti che si lamentano della forza dell'euro...

-    "L'euro ha raggiunto un livello troppo alto" - Sarkozy in visita a Londra nel 2008, quando l'euro era a $1,60
-    "L'euro ha bisogno di un dollaro più forte" - Trichet, governatore della BCE, poco meno di due anni dopo, con l'euro a $1,43
-    A ottobre 2010 è il turno di Juncker, Governatore della Banca Europea per lo Sviluppo: "L'euro è troppo forte".  La moneta unica navigava attorno agli $1,40
-    Persino a $1,30, Sarkozy non sembrava soddisfatto: "L'euro è ancora troppo forte" ha dichiarato infatti lo scorso gennaio in occasione del meeting del G20.

Dopo le vendite delle ultime settimane sembrerebbe che la situazione sia finalmente "sufficientemente debole" per l'euro? Eppure Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, dichiara a maggio: "L'euro è troppo forte".

Con le nazioni periferiche in fila per iniezioni di fondi dalla banca centrale e dalle tasse dei cittadini europei, qualsiasi aumento dei tassi in zona euro sarebbe un suicidio. C’è quindi poco di cui stupirsi se in tanti hanno deciso di vendere euro in favore del franco svizzero.

È il franco svizzero davvero un porto sicuro?

Gli investitori che lo pensano possono certamente essere perdonati, visti i commenti che circolano...

"La Banca Centrale Svizzera ha le mani legate" dichiara un trader del forex intervistato dal Wall Street Journal. "Sono stati terribilmente criticati per gli interventi [del 2010] e quindi nuove mosse nello stesso senso sono altamente improbabili."

Questo è quanto: Berna non produrrà ulteriormente franchi svizzeri da immettere sul mercato, il quantitative easing svizzero è finito.

A meno che: "La situazione nei mercati delle valute porti a un rischio deflazionario" come ha assicurato l’amministratore della Banca svizzera, Thomas Jordan, in una trasmissione radio. "La politica monetaria deve rispondere alle previsioni sull’inflazione" ha ripetuto qualche giorno dopo ad Eco, programma della TV svizzera.

"Se aumenta il rischio di inflazione, dovremo  alzare i tassi di interesse senza indugi" ha aggiunto. E poi: "Ma se la situazione è tale da tenere a bada il rischio di inflazione, allora i tassi di interesse rimarranno bassi a lungo."

"I tassi di interesse avranno un incremento graduale dal 2011 in poi, per evitare che la pressione inflazionistica si ripercuota sulla crescita della domanda interna" ha dichiarato l'OECD, "e sopratutto per evitare il surriscaldamento del mercato immobiliare." Lo stesso Hildebrand in aprile aveva messo in guardia contro "squilibri con serie ripercussioni" se i tassi di interesse fossero rimasti "a un livello molto basso per lungo tempo". Il mese prima, la Banca svizzera aveva dichiarato che i prezzi degli immobili meritavano "grande attenzione".

Persino il governo ha suggerito che un franco svizzero forte potrebbe non evitare ulteriore quantitative easing. L'intervento della Banca Centrale Svizzera dalla primavera 2009 fino all’estate 2010 ha quadruplicato il bilancio della banca a $207 miliardi (che include la perdita secca di £15 miliardi causata dalla vendita di CHF per EUR).

Durante l'ultimo Forum economico di Interlaken, il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann ha dichiarato alla platea di leader economici e finanziari, che "Il franco forte crea preoccupazione, ma dobbiamo imparare a conviverci."

Non ci si dimentichi poi che il tasso ufficiale è fermo allo 0,25% all'anno, e i risparmiatori cash svizzeri potrebbero persino vedersi negato lo 0,50% se  prevarranno gli interessi legati all'export.

L'export svizzero è cresciuto di quasi il 10% durante il primo trimestre 2011, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Le vendite di macchinari di ingegneria elettronica hanno avuto un incremento di addirittura il 27%. Eppure: "Molte aziende stanno già prevedendo soluzioni d’emergenza contro un rafforzamento della moneta" avverte Ivo Zimmerman, rappresentante del gruppo di industriali Swissmem. "Un tasso di interesse più alto potrebbe spingere le aziende a tagliare posti di lavoro e spostare gli investimenti al di fuori dalla Svizzera."

La spinta all'export svizzero potrebbe essere presa come una prova che la moneta debole funziona... come ben sanno i politici italiani, spagnoli, portoghesi e greci fin dagli anni '70.

L'ingresso nell'euro ha messo un freno a quel tipo di soluzione (ecco spiegato perché la Gran Bretagna è rimasta fuori dalla moneta unica) però persino la BCE a Francoforte (dove il marco forte ha funzionato per decenni) non può negare che il trucco della svalutazione funziona: per uscire dalla recessione la moneta debole è un aiuto non indifferente.

Il problema è che a tutti serve una moneta debole, per lo meno così pensano i responsabili della politica monetaria. Chi risparmia in cash, e gli stipendiati si chiedono invece che vantaggio possa avere l’inflazione se le entrate  non si gonfiano più velocemente dei prezzi...

"In un momento di pieno impiego, il dollaro forte è ottimo per i nostri standard di vita, ma in un’economia depressa non è così scontato che un dollaro forte sia auspicabile" scrive sul New York Times Christina Romer, ex presidente del Council of Economic Advisers, spiegando così le intenzioni di Washington.

"Un dollaro debole significa che le nostre merci costano meno di quelle straniere. Ciò stimola le esportazioni e riduce le importazioni. La crescita del valore netto delle esportazioni stimola la produzione interna e l’impiego. I beni importati risultano più cari, ma c’è una crescita di posti di lavoro: vista la situazione disperata sul fronte impiego, tutto sommato ritengo che un periodo di dollaro debole non possa che agevolarci."

Gli Stati Uniti e il Giappone, entrambi fermi a tassi di interesse quasi a zero, non sembrano voler rinunciare al titolo (di dubbio onore...) di moneta più debole al mondo. La retorica della Banca centrale svizzera, insieme alla riluttanza degli esportatori svizzeri a rinunciare ai benefici di un franco debole, suggeriscono che non ci si deve aspettare niente di diverso dal franco svizzero, i cui tassi di interesse continueranno a non muoversi dal fondo ancora per un po'.

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Adrian E. Ash è a capo del Reparto di Ricerca presso BullionVault, il più grande servizio di investimento in oro al mondo. Adrian ha pecedentemente ricoperto il ruolo di Editorial presso la Fleet Street Publications Ltd e di redattore economico dalla City di Londra per The Daily Reckoning; è un collaboratore regolare della rivista finanziaria per investimenti MoneyWeek. I suoi commenti sul mercato dell'oro sono stati pubblicati su Financial Times, Bloomberg e Der Stern in Germania e molte altre pubblicazioni.

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