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Banche italiane, un anno da vivere molto pericolosamente

a cura di Phastidio.net
 
Dal Financial Times un paio di numeretti sullo stato del sistema creditizio italiano, ad uso di tutti quelli che “è ora di smetterla con i regali alle banche cattivone che non prestano a famigliole ed imprese”, ed alcune scadenze piuttosto esistenziali e dirimenti. E sono numeri pesanti. Abbiamo di fronte un anno o giù di lì da vivere molto pericolosamente.
 
Alla fine del 2014 scadrà il primo finanziamento straordinario triennale della Bce, il cosiddetto LTRO (Long Term Refinancig Operation). Un anno pare un’eternità, ma sui mercati è domattina. E quale è la situazione delle banche italiane? Presto detto:
 
"Le banche italiane, che sono state le maggiori prenditrici di fondi sull’Eurosistema, avendo ottenuto 255 miliardi di euro, alla fine dello scorso giugno avevano ripagato solo 3,5 miliardi, il minimo in Europa. Il Fondo Monetario Internazionale stima che le banche italiane avranno un funding gap (un fabbisogno di finanziamento da reperire, ndPh.) pari a circa il 12% delle loro passività totali con la scadenza del LTRO il prossimo anno ed il venir meno, a marzo 2015, delle obbligazioni garantite dallo Stato, utilizzate come garanzia stanziabile presso la Banca centrale europea".
 
Che in soldoni significa che, a partire da fine 2014 (ma con effetti percepibili ben prima) le nostre banche dovranno rimborsare il prestito LTRO (ma ad oggi non hanno rimborsato pressoché nulla) e, successivamente, dovranno andare sul mercato per rinnovare le obbligazioni emesse con garanzia pubblica, due anni addietro. Questo vuol dire, se non cambierà “qualcosa”, che le banche italiane rischiano di avere un violento aumento del costo della raccolta, con conseguenze che anche un politico italiano analfabeta potrebbe e dovrebbe intuire.
 
In alternativa, per giungere a quell’appuntamento col minore funding gap possibile, le nostre banche continueranno a fare quello che fanno da tempo: cercheranno di rientrare dai prestiti concessi, e non ne concederanno di nuovi. Ricordate che un bilancio è fatto di un lato sinistro e di un lato destro, vero? Ma non è tutto: la Bce sta per avviare la titanica operazione nota come Asset Quality Review (AQR), cioè la verifica dello stato di salute delle banche europee, una sorta di stress test (ma non solo), che è parte integrante del lungo ed accidentato percorso verso l’unione bancaria europea. E dall’AQR possono arrivare nuove sorprese. Ancora il Ft:
 
"L’AQR può rivelare nuovi funding gap. Gli analisti di Goldman Sachs stimano che esista ancora un buco complessivo di capitale di 16 miliardi di euro per le sei più grandi banche italiane – Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi, Banca Popolare di Milano, Banco Popolare e UBI Banca – con il peso di questo fabbisogno che grava sulle ultime quattro".
 
Che accadrà, da qui in avanti? Da molte parti (Fmi in prima linea) si richiede l’avvio di un consolidamento della pletora di banche italiane, soprattutto delle piccole e medie, le quali tuttavia sono spesso legate in modo indissolubile (o finché dissesto non le separi) al proprio territorio (leggasi alla manomorta politica locale), oltre che avere assetti statutari che non agevolano le operazioni di concentrazione (vedi le popolari ed il loro anacronistico voto capitario). Inoltre, non è affatto detto che l’unione di più debolezze faccia una forza, come ben si ricordano ancora in Spagna, dove Bankia era esattamente il prodotto di una “fusione a freddo” tra più banche di dimensioni medie e medio-piccole.
 
La Banca d’Italia ha già fornito indicazioni strategiche, in termini di modifica di governance, controllo dei costi, rafforzamento della base di capitale attraverso maggiore “oculatezza” nella distribuzione di dividendi ad azionisti affamati quali sono ad esempio le Fondazioni. Ma tutto ciò potrebbe non bastare, se la congiuntura del paese non si stabilizzerà e se di conseguenza il rubinetto aperto delle sofferenze non verrà chiuso. Date le premesse, il rischio di un inasprimento del credit crunch italiano è reale.
 
Ci aspetta una lunga traversata nel deserto, l’ennesima. Al termine di questo percorso, che rischia di essere costellato di traumi, le cose potrebbero essere molto diverse per il Paese. Chiunque pensi che il problema non esista o che possa essere gestito con il populismo sulle banche cattivone che non prestano o con interventi di cacciavite, rischia di avere un risveglio molto duro. E noi con lui.

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