BCE, alta velocità e il tutor autostradale
In che modo dovrebbe agire la BCE per affrontare la crisi?
di Tommaso Monacelli - LaVoce.info
È UN PICCOLO GRANDE MITO dei nostri tempi l’idea che con tassi nominali prossimi allo zero la politica monetaria sia di fatto impotente. La Banca centrale europea potrebbe ricorrere a diversi strumenti alternativi per evitare un ulteriore aggravarsi della crisi. Un regime che potrebbe piacere anche ai tedeschi.
LA FORWARD GUIDANCE DELLA FED
La Bce ha subito forti critiche per il recente, e troppo timido, taglio dei tassi. Nonostante ciò, è ricorrente l’idea che non potesse fare di più, perché, con tassi nominali prossimi allo zero, la politica monetaria è di fatto impotente. Questa idea è un piccolo grande mito dei nostri tempi.
La Fed, ad esempio, ha mostrato che in tempi di crisi acuta si può ricorrere a un mix di due strumenti innovativi: (i) forward guidance; (ii) quantitative easing (QE). Nessuno dubita che l’economia dell’area euro viva tempi eccezionali. Ma pochi hanno la percezione che la Bce utilizzi tutti gli strumenti possibili per contrastare due grandi rischi per l’Europa: che sprofondi in una grande depressione, e che ci sia una riedizione, rispetto agli Usa, della unemployment hysteresis degli anni Settanta. (1)
Che cosa vuol dire fare “forward guidance” per una banca centrale? Semplificando, possiamo distinguerne, secondo la teoria recente, tre tipologie. Le definiremo, rispettivamente, forward guidance 1.0, 2.0 e 3.0.
La forward guidance 1.0 riconosce un principio di base: che l’efficacia della politica monetaria dipende ben poco dal livello corrente dei tassi di interesse, e molto invece dalle aspettative sul loro andamento futuro. Questo perché le decisioni di spesa e investimento degli agenti dipendono essenzialmente dai tassi a lungo termine. Nelle fasi iniziali della crisi, la Fed era in modalità forward guidance 1.0. Aveva infatti preso l’impegno a tenere i tassi a zero “per un periodo esteso di tempo”. Modalità poi corretta in: “a zero fino al 2014”.
Con l’acuirsi della crisi, la teoria della politica monetaria si è evoluta in forward guidance 2.0. Ne è un esempio la cosiddetta “Evans rule”, recentemente discussa dalla Fed: “la banca centrale si impegna a mantenere i tassi di interesse a zero sino a quando il tasso di disoccupazione non scenda sotto x per cento, posto che il tasso di inflazione non salga oltre x per cento”. (2) Il vantaggio rispetto alla versione 1.0 è che il prolungare la permanenza dei tassi a zero non viene condizionato a una certa scadenza temporale (“fino al 2014”), bensì all’evoluzione delle condizioni macroeconomiche (il mix disoccupazione e inflazione).
Questo permette di gestire le aspettative (lo strumento chiave) in modo più efficace, perché più credibile. Se allo scadere del 2014, ad esempio, l’economia non è migliorata, è possibile prolungare una politica di tassi a zero senza dover contraddire gli impegni presi in precedenza; cosa che invece accadrebbe in regime di forward guidance 1.0. Di fatto, impegnandosi a mantenere i tassi a zero “fino a quando il tasso di disoccupazione rimanga al di sopra del 6.5%”, la Fed ha adottato da un certo punto in avanti una versione, seppur blanda, di forward guidance 2.0 .
IL PRINCIPIO DEL TUTOR
Dove in realtà la Fed non si è ancora spinta (a differenza della teoria economica) è il territorio della forward guidance 3.0. Troviamo qui un principio essenziale della politica monetaria ottimale. Per semplificare, lo definiremo il “principio dei tutor autostradali”. (3)
Attraverso una rilevazione elettronica, il tutor autostradale controlla che un’auto non superi una velocità media di 130 km orari tra due punti di un certo segmento autostradale (casello Nord e Sud). Supponiamo che, a una certa distanza dal casello Nord (ma prima di quello Sud), l’auto raggiunga i 150 km orari di velocità. Qual è la scelta ottimale da fare a quel punto? Riportare l’auto a una velocità di 130 km, oppure diminuire la velocità al di sotto dei 130 km orari? Se l’obiettivo deve essere una media di 130 km orari tra Nord e Sud, chiaramente l’opzione ottimale è la seconda: scendere al di sotto dei 130.
Necessariamente, a periodi di velocità sopra la media devono seguire periodi di velocità sotto la media.
La stessa logica si applica al principio di politica monetaria ottima. Con questa analogia: il limite dei 130 è il livello (e non il tasso di crescita) di una certa variabile target da raggiungere. Ad esempio, un dato livello del Pil nominale (il livello del Pil reale moltiplicato per il livello dei prezzi), regime da molti definito di nominal Gdp targeting.
Supponiamo che l’obiettivo della politica monetaria sia duplice. Primo, mantenere un livello del Pil nominale costante (quindi con tasso di crescita zero). Secondo, mantenerlo a un livello esattamente di 100. Sotto il “principio del tutor autostradale”, periodi di crisi in cui il Pil nominale si contrae (cioè il suo tasso di crescita è negativo), devono essere compensati da periodi in cui il tasso di crescita è positivo, per mantenere il livello del Pil nominale invariato a 100 .
Qual è il vantaggio di forward guidance 3.0? È un ulteriore miglioramento nella gestione delle aspettative. Quando il Pil nominale scende, ad esempio, da 100 a 95 (perché c’è un calo dei prezzi, cioè deflazione, o del Pil reale, cioè recessione) una banca centrale non può accontentarsi di mantenerlo costante a 95. Perché questo vorrebbe dire soddisfare solo il primo dei due obiettivi (tasso di crescita zero). Per riportarlo a 100, la banca centrale deve necessariamente indurre da quel momento in poi tassi di crescita del Pil nominale positivi, via maggiore inflazione o crescita del Pil reale. Quindi un tasso di crescita negativo del Pil nominale oggi induce l’aspettativa di un tasso di crescita positivo domani. Il punto cruciale è che la semplice aspettativa di un tasso di crescita del Pil nominale positivo in futuro genera un effetto espansivo già oggi, rafforzando l’azione corrente della banca centrale. (4)
Gli strumenti a disposizione delle banche centrali, quindi, esistono, anche quando il tasso di interesse ufficiale ha raggiunto lo zero. È stupefacente vedere che all’interno della Bce non esista nemmeno un dibattito sull’arsenale di strumenti alternativi a cui potrebbe ricorrere.
Basterebbe che la Bce scegliesse uno qualsiasi dei sistemi di forward guidance, anche il più arretrato 1.0, per migliorare la propria gestione della politica monetaria.
Lo stupore si acuisce ancora di più se ricordiamo che la politica della Bce si basa anche su un pilastro di vigilanza degli aggregati monetari, ispirato alla teoria quantitativa della moneta, tanto cara ai tedeschi. (5) La teoria stabilisce che il livello del Pil nominale coincide con la quantità nominale di moneta, aggiustata per la velocità di circolazione. Il livello del Pil nominale è drammaticamente calato nell’area dell’euro. Con esso, quindi, anche la quantità nominale di moneta. Non è difficile immaginare che un regime di nominal Gdp targeting potrebbe avere una doppia virtù. Primo, piacere alla Germania – perché si tradurrebbe di fatto in un regime di pieno di controllo della quantità di moneta. Secondo, non richiedere particolari revisioni dei Trattati – perché potrebbe essere facilmente ricondotto al pilastro monetario del regime attuale della Bce.
(1) Cioè che la disoccupazione, come negli anni Settanta, cresca in modo rapido, per poi rimanere alta in modo persistente, a differenza di ciò che accadde, e sta tuttora accadendo, negli Usa.
(2) La regola prende il nome dal membro del Fomc Charles Evans. Ha assunto anche il nome di “regola 7/3”, 7 per cento per il tasso di disoccupazione e 3 per cento per il tasso di inflazione.
(3) Tecnicamente il principio va sotto il nome di “history dependence”. Si veda, ad esempio, Woodford (2003, 2012)
(4) Si noti che un regime di forward guidance 3.0 non necessariamente deve coincidere con nominal Gdp targeting. Ad esempio, un semplice target sul livello generale dei prezzi (anziché sul tasso di crescita, l’inflazione), avrebbe benefici simili sulle aspettative.
(5) La teoria quantitativa della moneta è riassunta dalla famosa formula M V = P Y, dove M è la quantità nominale di moneta, V è la velocità di circolazione, P è il livello dei prezzi, e Y il Pil reale. Il lato destro di questa espressione, P Y, corrisponde quindi al livello del Pil nominale.
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